Antonio Moretti - giacomo lisia

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Antonio Moretti

 
 

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Da "La Ciociaria di Lisia"    2003
Del Prof. Antonio Moretti


GIACOMO LISIA E I SUOI ITINERARI CIOCIARI


Giacomo Lisia, introducendo la precedente edizione del suo lavoro artistico "ASPETTI CIOCIARI", rivela di aver accarezzato da tempo l' "idea-sogno" di "cantare la bellezza della mia terra per mezzo dei pennelli". A conclusione del lavoro, con la sua consueta modestia, si limita a sperare di aver dato "un piccolo contributo alla grandezza spirituale e culturale" della Ciociaria.

Noi oggi, a distanza di venti anni, dobbiamo riconoscere, per giustizia e in apprezzamento dei risultati e non per generosità, che Quell' impegno è stato assolto in pieno: il maestro Lisia ha trovato la sua ispirazione più profonda nella sua terra, la Ciociaria ha trovato in Giacomo Lisia il suo cantore e come tale deve onorarlo.

Tanti quadri, quanti sono i comuni della provincia di Frosinone, allineati alle pareti che pare non finiscano mai, certamente provocano suggestione ma a me piace immaginarli disposti in un grande spazio, l' uno a fianco dell' altro. Fin quasi a toccarsi e ad annullare le cornici divisorie in modo da costruire, paese per paese, paesaggio per paesaggio, un solo quadro grande e vario come grande e varia è la terra ciociara, solidamente adagiata nell' entroterra appenninico del Lazio. . .

E' un percorso storico-geografico quello che Lisia propone: ci si sposta a ridosso dei monti, sui pendii delle colline, lungo i fiumi, nelle vallate e, insieme, si passa dagli Ernici, ai Volsci, ai Romani, al medioevo e, attraverso i secoli, si arriva al Papa-Re e, più su ancora, fino alla seconda guerra mondiale e ai nostri giorni.

Lento scorre l' occhio dove la vita scorre lenta per recuperare il passato e riviverlo nell' orgoglio dell' appartenenza e nella nostalgia velata di chi sa che la vita di oggi non è quella di ieri e non sarà quella di domani. Intanto la vita della Ciociaria è lì nelle tele come l' artista l' ha colta nei boschi di querce, nei campi coltivati con gli steccati o i muretti bene in vista, nei sentieri polverosi, nelle vie e nei vicoli scoscesi, nei fontanili, nei selciati lucidi, nelle piazzette, nei cortili, nei portali, negli archi, nelle porte, nelle piccole scalinate, nelle case con i muri sconnessi, con le facciate slavate, con le piccole finestre, con i tetti di ruggine.

Qua e là qualche torre, rocca o castello o ciò che, rudere silenzioso fra rovi, rimane di essi. E spesso, appena fuori dei centri abitati, un' abbazia, un convento, un santuario. E, sempre, dentro e sovrastante il paese: campanili e chiese. Questi sacri luoghi sembrano ricordarci il rifugio, l' accoglienza, il coraggio e la speranza che seppero dare, nel raccoglimento e nella penombra, alle tante generazioni che proprio lì trascorsero silenziose e laboriose l' esistenza.

Sanno di storia antica questi paesi che Lisia racconta. E' però la storia di tutti i giorni che interessa e rappresenta l' autore e non la storia ufficiale: anzi se questa si è occupata di qualche paese o città della Ciociaria, spesso ha lasciato tracce per niente meritorie: servitù, privazioni, sofferenza, povertà, fame e, quanto meno, sconvolgimento delle abitudini e della vita di quella gente.

La narrazione, mai contaminata dall' emotività scomposta ma nemmeno viziata dal distacco compiaciuto, in ogni pagina si arricchisce e si precisa recuperando i sapori, i colori, le forme, i suoni, i rumori. . . I luoghi si animano (noi lo sappiamo per averli visti in altri quadri, complementari ed estensivi di questi qui riprodotti) di personaggi anzi di persone che, con i loro panni, volti, sguardi, gesti, portamenti tradiscono l' apparenza a quel popolo della sana provincia ciociara con tutto ciò che essa ha espresso: la bontà generosa, la solidarietà gratuita, l' abitudine all' impegno, la laboriosità creativa, la religiosità schietta, la moralità semplice e solida e finanche la giustizia istintiva. Valori autentici che, come messaggio ed eredità, Giacomo Lisia ci ha lasciato con l' esortazione a che essi possano reggere alla sfida, all' ipocrisia e alla mediocrità del nostro tempo.


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